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Dakar 2014: una vera e propria Odissea per Audas

Il gentleman driver racconta le enormi difficoltà che lo hanno portato al ritiro nella quinta tappa

Roger Audas è un gentleman driver, classe 1947, ben noto alla Dakar, con quattro partecipazioni sulle spalle, oltre a tutta una serie di altri rally, compresi quelli riservati alle vetture storiche. E' fuori classifica da un paio di giorni e la storia che ha vissuto nella quinta tappa, Chilecito-Tucuman non ha nulla da invidiare al viaggio di Ulisse. Non a caso questa Dakar ha come titolo l'Odissea ed ogni giorno il buon Omero, se solo fosse ancora vivo, avrebbe una storia, o forse anche più, da scrivere. Quella di Roger e del suo copilota, Philippe Gosselin, con la Nissan buggy Optimus del team MD Rallye, numero 402 fa parte delle storie di questa Dakar 2014. Ecco il suo racconto, tutto d'un fiato: "Alla mattina della quinta tappa siamo partiti molto indietro perchè fin dal primo giorno abbiamo sofferto problemi di vaporlock e tutti i giorni lo stesso guaio si è ripresentato, per questo eravamo intorno alla centesima posizione. Il secondo giorno avevamo rimontato una trentina di posti ma abbiamo dormito nel deserto, nella notte del bivacco di San Rafael, perchè il buio ci ha preso all'interno delle dune di Nihuil e non siamo riusciti ad uscire perchè non si vedeva nulla. Abbiamo dormito lì e la mattina dopo siamo riusciti a rientrare al bivacco alle nove di mattina, per ripartire subito alle 10 dopo un'occhiata alla pressione delle gomme e al livello dell'olio". "Per farla breve, la famosa mattina della quinta tappa partiamo da Chilecito e stiamo viaggiando bene, fino a quando il caldo aumenta e un piccolo termometro che ho all'interno dell'abitacolo segnala che abbiamo 70° a bordo. All'esterno ce ne sono circa 48°. Stavamo correndo dentro ad un canyon, intorno al chilometro 140 e ad un certo punto il mio copilota mi chiede “Roger, stai bene?” Aveva visto che non ero a posto, che ciondolavo un po' ed in effetti io gli ho risposto che non mi sentivo in gran forma, forse un po' debole. Allora poco lontano dalla pista abbiamo visto un albero e lui ha proposto di fermarci lì sotto, all'ombra, per un po'. Mi sono tirato giù la tuta ignifuga per rinfrescarmi un po' e dopo circa mezz'ora siamo ripartiti, con il mio copilota alla guida per farmi riposare. Abbiamo fatto un po' di chilometri e io mi sentivo liquefatto, non riuscivo neanche a leggere le note. Lui per ripartire ha accelerato e ha cercato di andare forte per affrontare alcuni passaggi difficili ed io stavo sempre peggio". "Erano circa le 15 e ad un certo punto, siccome eravamo andati forse troppo forte, di nuovo la vettura si è fermata per vaporlock, con tutte le spie accese sul rosso. Sul principio abbiamo pensato fosse questione di un quarto d'ora, per far raffreddare il motore, ma siccome eravamo su una piana piatta e completamente al sole non c'era verso di far raffreddare nulla. Dopo 4 ore eravamo ancora là ed io mi sentivo sempre più debole, in più non riuscivamo a bere perchè l'acqua che avevamo in macchina era bollente, più di 60 gradi. Ho provato a sollevare una mano per vedere se avevo ancora forza e mi sembrava di sollevare un peso di 100 chili. Allora ho chiesto a Philippe di chiamare, attraverso il bottone blu del nostro Iritrack (rosso significa soccorsi in caso di feriti, blu dà la possibilità di parlare con la direzione gara) e di chiedere un po' d'acqua, se non fresca, almeno bevibile". "Lui l'ha fatto e in poco tempo è arrivata la vettura medica T5 (le vetture mediche sulla Dakar si chiamano Tango). Il dottore mi ha subito controllato e ha pizzicato la pelle della mia mano ed incredibilmente la mia pelle è rimasta schiacciata, come la pelle di un pollo...e il medico mi dice, "hai dell'acqua?" Ho risposto sì e lui mi ha detto allora bevila, altrimenti fra poco sarai morto. Forse ha esagerato un po', però lo ha fatto per scuotermi. Ho chiesto se lui aveva acqua in macchina ma lui mi ha risposto "la mia acqua è calda come la tua". Allora con uno sforzo incredibile, poco a poco ho bevuto due bottigliette di acqua bollente...mi ci è voluta un'ora. Il medico mi ha dato un piccolo snack salato per farmi riprendere un po' ma io non riuscivo neanche ad inghiottire. Avevo la bocca e la gola secche, completamente chiuse". "Poi finalmente alle 8 di sera il motore si è rimesso in moto e il dottore era ancora con noi. Ha proposto a me di salire sulla sua vettura che aveva una leggera aria condizionata e il secondo dottore è salito sulla vettura da gara insieme a Philippe, il mio copilota. L'ordine che avevano avuto dalla direzione di gara era di ripartire, fare un po' di pista e poi raggrupparci con altri equipaggi ed aspettare lì, per la notte, tutti insieme. Così siamo partiti e il medico guidava il suo mezzo lentamente per rispetto a me che stavo male, ma una macchina da gara non può andare così piano e Philippe ci ha superati. Standoci davanti ci faceva strada, solo che a un certo punto abbiamo perso le sue tracce. Non vedevamo più nulla ed eravamo nuovamente soli in mezzo al nulla. Il dottore allora ha fermato la sua Toyota e ha accesso i fari abbaglianti ed anche la sirena luminosa che ha sul tetto, ed abbiamo aspettato. Grazie al cielo Philippe si era fermato e ci stava cercando e vedendo la luce è tornato indietro per recuperarci". "Ma quando era a soli 100 metri da noi è finito sopra un cespuglio altissimo e ha bucato una ruota mentre l'altra è uscita dal cerchio, e noi non avevamo più ruote di scorta perchè le avevamo già utilizzate. Ora sì che eravamo bloccati nel deserto. I medici hanno chiamato nuovamente la direzione gara e ci hanno detto di aspettare lì il camion balai, che sarebbe arrivato in effetti verso mezzanotte. E così è stato, solo che quando è arrivato i due piloti a bordo del camion ci hanno detto che non dormivano da due notti e avevano bisogno di riposare. E' stato così che ci siamo sistemati, come possibile, nella sabbia calda e ci siamo addormentati". "Con noi c'era un altro concorrente, il 375, con un buggy SMG e un motociclista, il numero 118. Questo ragazzo però non voleva fermarsi con noi. Yannick Guyomarch è un giocatore di rugby, quindi un tipo tosto, e pretendeva di continuare, da solo e di notte. Il medico gli ha ripetuto più volte che non poteva, che era meglio di no, ma lui insisteva. Allora ho provato a parlare con lui, gli ho chiesto se era vero che giocava a rugby e lui mi ha detto di sì, e gli ho chiesto in che squadra, ma lui non è stato in grado di rispondermi. Ci pensava su ma non se lo ricordava! Però è ripartito nonostante tutti gli dicessimo, fermati. Gli abbiamo dato dell'acqua e delle barette energetiche. Davanti a noi c'era una discesa di 600 metri e lui è caduto 5 volte nel cercare di farla. Cadeva, risaliva in moto faceva cento metri e ricadeva. Appena arrivato al bivacco il giorno dopo ho chiesto di lui e mi hanno detto che era sotto la tenda medica, con la flebo, perchè lo avevano trovato completamente disidratato. Noi invece abbiamo dormito lì, bevendo l'acqua che nel frattempo si era un po' rinfrescata, o meglio era meno bollente". Non bisogna pensare però che Roger si sia arreso per quanto accaduto. Al contrario, nel giorno di riposo visto che la sua vettura era a posto e lui si sentiva bene ha chiesto di ripartire, ma il regolamento non lo permetteva – somma di wpt mancati - e così domani rientrerà in Francia, pronto a ripartire il prossimo anno. A proposito...come sono rientrati al bivacco? La mattina dopo l'elicottero militare (ce ne sono due al seguito della gara) si è posato accanto al bivacco improvvisato, mentre qualcuno era partito da Tucuman per portare le due ruote di scorta necessarie per far ripartire la Nissan di Roger. L'elicottero ha caricato Roger, il copilota della vettura 375 ed in tutto al suo interno c'erano altri 7 piloti raccolti sulla pista. Da lì sono volati ad un piccolo aeroporto dove un aereo li ha caricati per portarli a Salta. "Il mio copilota è rimasto lì ad aspettare la nostra assistenza con le ruote ed è rientrato solo ieri, 11 gennaio, al bivacco, nella serata con la vettura, intatta" ha concluso Roger.

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