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Dakar: Hans Stacey non si arrende ai problemi!

L'olandese con l'Iveco Strakker del team Petronas De Rooy racconta le mille disavventure della prima settimana

Hans Stacey, 55 anni, olandese di Eindhoven, è l'altro pilota di punta del Petronas Team Iveco De Rooy, insieme al leader della classifica Gerard De Rooy. È un omone alto 1,91 m, grosso ma non grasso che potrebbe incutere timore per la sua mole e, invece, è un personaggio molto simpatico, oltre che un ottimo pilota. È l’ultimo vincitore di una Dakar africana nel 2007. Al giorno di riposo di Salta è quinto assoluto nella classifica generale: ha chiuso la sesta tappa, Tucuman – Salta in quinta posizione a soli 2'47” da Peter Versluis. Non è ancora riuscito ad emergere in questa edizione durissima del rally raid Sud Americano, perché Hans è bersagliato sempre da una serie incredibile di problemi grandi e piccoli. Stacey è in gara con l’Iveco Trakker Evolution 3, un camion che dispone dell’ultima versione del motore Iveco Cursor 13. Si tratta di un 6 cilindri diesel di 12,9 litri di cilindrata, capace di 840 cavalli e con una coppia di 3.600 Nm a 1.200 giri. Quali sono le differenze nel nuovo propulsore rispetto a quello dell'anno scorso? “Per due anni ho gareggiato con il vecchio Cursor, mentre ora dispongo di quello omologato in versione EURO 6. È un bel salto in avanti: si apprezza, soprattutto sulla sabbia, grazie all’erogazione di una maggiore coppia. L’ho notato anche nella prova speciale di oggi, ma è stato ancora più importante nei giorni scorsi. Avendo una maggiore spinta ai bassi regimi, non si è costretti a cambiare marcia troppo spesso: si possono salire le dune anche tenendo un rapporto lungo. In questo modo il motore viene stressato di meno per cui evitiamo che possa surriscaldarsi. E potete immaginare quanto sia importante in questi giorni di caldo opprimente. Due giorni fa, per esempio, il caldo era fortissimo e in una speciale così difficile il camion è stato costretto a lavorare in maniera pesante, specie nella prima parte”. Tutti parlano della speciale di Fiambalà: cosa è accaduto? “Mi ricordavo la prima parte della speciale, l'avevamo già fatta due anni fa. Partivo quarto e volevo recuperare delle posizioni: per questo sono partito velocissimo. In poco abbiamo raggiunto il Kamaz che mi partiva davanti: dopo dieci chilometri avevo raggiunto Nikolaev e mi preparavo a superarlo, ma poi sono cominciate le dune, anzi le dunette. Non erano alte, ma terribili perché la sabbia era molto soffice. Abbiamo trovato Gerard che era insabbiato. E così mi sono fermato ad aiutarlo e l'ho tirato fuori una prima volta. Quando sono ripartito, su questo fondo molle e insidioso, ho visto che Gerard, dietro di me, si era piantato di nuovo. E allora sono tornato indietro e l'ho tirato fuori. A quel punto, però, l'ho lasciato e ho proseguito per conto mio…”. E poi cosa è successo? ”Che mi sono piantato io! Ci siamo dovuti tirare fuori solo con le nostre forze. Detlef Ruf e Bernard Der Kinderen, i miei compagni di avventura sono stati fantastici. Poco più tardi siamo caduti anche noi nella trappola del wpt che nessuno riusciva a trovare. Ci abbiamo messo un po' e alla fine abbiamo perso qualche minuto di troppo. Quella speciale era un po' in stile africano e non dimentico mai che ho vinto l'ultima Dakar in Africa. Avrei volevo attaccare ieri, ma questa edizione non è affatto semplice. Negli ultimi due anni arrivavamo al bivacco alle due del pomeriggio, ora quando va bene arriviamo alle sette di sera, dopo un'intera giornata in camion...”. Ma è questo lo spirito vero della Dakar… “Non lo discuto: questa edizione è molto bella, però stare tante ore al volante è pesante. Ci si stanca molto”. E’ mai salito anche solo per un test sull’Iveco Powerstar Torpedo di Gerard, quello che tutti chiamano il musone? “Oh no, assolutamente no, mai! – risponde Hans quasi scandalizzato - Non voglio. So che la sua cabina è più confortevole, ma io sono fissato con il mio camion, e mi piace guidare nella mia cabina. È vero che è piccola, che c'è poco spazio dentro e che quando prendi una buca le botte alla schiena sono più forti. Ma esclusa la cabina, i due camion sono assolutamente identici”. Fra qualche anno quando si sentiranno i dolori alla schiena si capirà che il “musone” era più confortevole... “Oh grazie mille, ma non sono più un… diciottenne”. Qual è il giudizio su questa Dakar così impegnativa? “In questo tipo di rally ogni giorno succede qualcosa: oggi è stato il nostro primo giorno senza neanche un problema. Da quando è cominciata la gara abbiamo sempre dovuto combattere con qualche cosa che non andava”. Perché i problemi sono cominciati subito… “Quando siamo partiti da Rosario per la prima speciale avevo un bellissimo casco nuovo. Lo avevo provato prima di partire e mi sembrava era perfetto. Così al via della speciale l’ho indossato: dopo qualche minuto mi ero reso conto che era stretto sulla fronte: mi soffocava un po' e teneva un gran caldo perché aveva uno spessore doppio. Allora ho cercato di aprire il finestrino alla mia sinistra, ma si era bloccato e non riuscivo a tirarlo giù. Abbiamo aperto la botola sul tetto, ma stavamo passando in una zona alberata e così molti rami e foglie sono caduti dentro l'abitacolo. Dopo un po’ i rami hanno ostruito la botola, per cui non passava aria. Pensavo di morire di caldo! Ho davvero creduto di non finire la speciale perché faceva un caldo pazzesco”. E il giorno dopo è stato cambiato il casco? “Ah, no! Ho preso il casco e un… martello: gli ho fatto una bella modifica nella parte frontale interna” Hans se la ride di gusto mimando il gesto. È successo altro? “Il secondo giorno mi sono detto: oggi dobbiamo vincere! In realtà quello è un pensiero che accompagna tutti. Sono partito veloce e passavo gli avversari agevolmente. Quando ho superato il Kamaz mi sono detto: “ehi, oggi stiamo andando davvero bene!”. Proprio in quel momento ho bucato una ruota! L'abbiamo cambiata e quando siamo ripartiti eravamo in mezzo alla polvere di tutti quelli che ci avevano superato…”. E allora vi siete arresi? ”Ma niente affatto, non volevo mollare e ho continuato a spingere più che ho potuto anche se eravamo nella polvere del camion che ci precedeva. Non abbiamo visto una buca nel terreno e ci siamo finiti dentro fortissimo. Dutlef, il mio copilota ha preso una brutta botta: con le cinture ha avuto una compressione al petto e si era messo ad urlare che stava male. Così mi sono fermato e ho aspettato che si riprendesse un poco. Quando sembrava che stesse meglio siamo ripartiti di gran carriera, ma dopo soli due chilometri mi ha chiesto nuovamente di fermarmi, perché aveva dolore dappertutto. Così ho rallentato il passo: la sera, quando siamo arrivati al bivacco, gli hanno diagnosticato che aveva due o tre costole incrinate.” Ma come fa a continuare con le costole incrinate? “Nel team Petronas De Rooy abbiamo un ottimo dottore che lo ha rimesso un po' a posto...” Se non altro il vostro camion sembra affidabile.... “Per fortuna, il camion è perfetto. Però continua a succederci di tutto: per esempio non abbiamo un vero frigo nel camion ma solo una borsa refrigerante: l'altro giorno si è staccata e andava in giro per il camion. La cabina è piccola e così è finita sotto il mio braccio destro (e ci mostra un ematoma nero al gomito destro ndr) e ci sbattevo contro per tutto il tempo”. La prima settimana si è conclusa, magari andrà meglio nella prossima…. “Assolutamente sì, io sono qui per fare del mio meglio. E voglio dimostrarlo…”. Foto Iveco/Dppi/Soldano

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