Dakar: per Pavan la tappa marathon dell'Original by Motul è come tutte le altre
Il veneto 35enne al debutto nella classe senza assistenza della Dakar racconta che è stupito dai rischi che si prendono i top: "Meglio non pensare dove è finito Barreda". Mirco non teme la tappa marathon: "Per noi non cambia molto, mi porto qualche ricambio in più".
#95 Beta: Mirko Pavan
Frédéric Le Floc'h / DPPI
Dakar 2019: Motul
Tappa per tappa, seguite le storie più belle della Dakar 2019 raccontate da Motul
Alla sua prima partecipazione alla Dakar, Mirko Pavan ha scelto la classe più dura, la Original by Motul, senza assistenza con la Beta. Volto conosciuto nell’italiano Motorally, dove si è messo in evidenza per gli ottimi risultati, Mirko, veneto classe 1985, ha debuttato al Merzouga Rally e ha corso in diverse prove internazionali prima di lanciarsi nell’avventura per eccellenza, la Dakar.
Per lui, come per i concorrenti Original by Motul, la prima parte della tappa 4 in regime di marathon Arequipa – Moquegua, non cambia molto in quanto ogni sera lavorano direttamente sulle moto. Intanto la categoria perde uno degli italiani, Elio Aglioni, costretto ad abbandonare alla tappa 3 per un guasto alla moto.
Come hai preparato la tappa marathon?
“Per noi non cambia molto, ma ho dedicato più attenzione alla manutenzione ordinaria della moto. Ho cambiato le gomme, così saranno in buone condizioni per due giorni. Non solo, porterò con me dei ricambi in più, il filtro dell’olio, il filtro dell’aria e anche qualche attrezzo”.
Questa Dakar è dura come te l’aspettavi?
“Direi di sì. Quest’anno abbiamo tanta sabbia. Mai visto così tante dune in tutte le declinazioni. Dall’arena più dura a quella più molle, a quella super molle e poi il fesh fesh”.
Cosa ti ha colpito di più?
“I top rider vanno ad un ritmo forsennato, imprendibili. Io fatico ancora a prendere un buon passo. Vado piano, ma non troppo perché non puoi arrivare al bivacco troppo tardi. Sono venuto con Mirco (Miotto), ma abbiamo due ritmi diversi, così per la maggior parte del tempo guido da solo. Ma non mi spaventa. Incontri sempre qualcuno e fai un pezzo di strada insieme. L’amicizia tra concorrenti, anche se non parlo una parola d’inglese o francese è meravigliosa”.
Cosa temi di più?
“Mi ha colpito molto l’incidente di Joan Barreda alla tappa 3. È finito in una pietraia spaventosa. Impossibile risalire. Meglio non pensarci…”.
Qual è l’obiettivo?
“Finire! Non ho ambizioni di classifica. La cosa più importante è tagliare il traguardo il 17 gennaio a Lima”.
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