Dakar 2020, Coma: "L'arrivo in Arabia Saudita apre un nuovo ciclo nella storia della corsa"
Marc Coma, CEO di KTM Spagna e cinque volte vincitore della Dakar, commenta per Motorsport.com il passaggio del raid più famoso del mondo dal Sudamerica all'Arabia Saudita
Foto di: A.S.O.
Quando ti chiami Marc Coma, hai 5 Dakar in bacheca, sei a lungo stato direttore di corsa e ricopri il ruolo di CEO di KTM Spagna, il tuo è un parere decisamente rilevante per quanto riguarda il futuro del raid più famoso al mondo.
Per chi ancora non lo sapesse – e in questo caso può leggere qui le ultime notizie a riguardo – la Dakar ha ufficialmente traslocato per la seconda volta nella sua storia. L'edizione 2020 non si disputerà più in Sudamerica, bensì in Arabia Saudita, notizia accolta con parere favorevole tra team e corridori.
“Penso che la Dakar in Sudamerica stesse soffrendo. La corsa stessa e tutti coloro che lavorano alla sua realizzazione devono essere grati all'appoggio che hanno avuto da parte delle popolazioni locali, ma la realtà è che la politica ci ha messo lo zampino negli ultimi anni, rendendo difficile la realizzazione di un evento di qualità come deve essere la Dakar. Con l'arrivo in Arabia Saudita si apre un nuovo ciclo per la corsa”, commenta Coma.
Il plurivincitore del raid pensa che la nuova collocazione geografica sia perfetta per un evento simile, potendo contare su uno scenario grande oltre due milioni di chilometri quadrati.
“Non vorrei sbagliarmi, la l'Arabia Saudita è grande più o meno quattro volte la Spagna, fattore che da un'idea di quanto sia grande quella nazione. Si va dal Mar Rosso alle montagne, passando epr sconfinati deserti sabbiosi e rocciosi”.
“Logisticamente, sarà tutto più facile essendo ad una sola settimana di navigazione dall'Europa, con quattro o cinque ore di volo al massimo. Anche il clima sarà migliore del Sudamerica, in quella parte dell'anno. So che i più nostalgici ed i più romantici vorrebbero un ritorno in Africa, ma l'Africa al momento non è ancora pronta per un ritorno della Dakar”, continua Coma.
“Sarà anche una grande opportunità per i piloti locali di emergere. Nei primi anni della Dakar sudamericana, erano pochi i corridori locali, mentre adesso sono circa il 30% del totale. È logico pensare che alcuni potrebbero abbandonare a causa di un budget più elevato rispetto il 2019, ma la Dakar si aprirà all'ingresso di altri partecipanti”.
Coma infine smorza le polemiche sull'edizione 100% peruviana della Dakar, l'ultima ad essersi svolta in Sudamerica. “Penso di aver visto una corsa interessante, con tutte le limitazioni che ha ricevuto, da quelle archeologiche a quelle logistiche... Il deserto lo si poteva trovare solo nella regione a sud di Lima, dall'oceano alle catene montuose. Questo è uello che succede quando non si hanno troppi chilometri a disposizione”.
Marc Coma conosce bene la necessità di una figura poliedrica alla direzione della corsa, che sappia intendersi sia del percorso che usare l'abilità del muoversi tra le pieghe della politica. Per questo, sposa il ruolo di David Castera come direttore della corsa.
Infine, mai dire mai per un futuro come partecipante, magari al volante di un buggy o di un 4x4. “Non si può mai dire mai. Ad oggi sono totalmente concentrato nel mio ruolo in KTM, e non ho altri piani nel breve periodo. Sono grato alla famiglia KTM, adesso ho una vita più tranquilla, lavoro a mezzora da casa. È quello che volevo e me lo sto godendo”, conclude il catalano.
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