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Intervista

Dakar, Minaudier: "Sainct mi ha sempre seguito"

Il 29enne, 33esimo alla sua prima Dakar, è stato allievo dell'indimenticato campione scomparso nel 2004

Loic Minaudier è una delle giovani promesse della Dakar. Quest'anno ha corso la sua prima, temendo fino all'ultimo momento che non lo avrebbero preso perchè non aveva corso i "famosi" rally mondiali che servono ad ASO per delineare l'esperienza di un pilota. Loic aveva corso al Transanatolia nel 2015, con ottimi risultati, corre da anni nell'Enduro, ugualmente con buoni risultati e infine era andato in Marocco per conquistarsi la sicurezza dell'iscrizione.

Alla Dakar 2016 è arrivato con il team Nomade, lo stesso di Olivier Pain per capirci, e ha finito 33esimo assoluto. Quando è sceso dal palco non riusciva neanche a parlare tanto l'emozione era intensa, e le lacrime calde gli sgorgavano dagli occhi lucidissimi. Riusciva a ripetere solo una breve frase: "E' una magia. E' tutto magico".

E non serviva aggiungere altro: "Era così tanto tempo che lo sognavo, è una cosa folle. Ci sono state un insieme di circostanze che mi hanno fatto temere di non riuscire ad arrivare fino in fondo, ma è anche questo che dà ancora più fascino alla riuscita di un progetto. E' per questo che sono tanto emozionato...ma adesso devo continuare, allenarmi, tornare il prossimo anno e continuare a fare altri buoni risultati".

Ma non lascerà l'enduro per i rally, o almeno non ancora: "Continuerò nell'enduro, soprattutto per allenarmi, ma la mia priorità ora sono diventati i rally. Lo volevo fare fin da quando ero piccolissimo e mi piace enormemente. E' stato così tanto difficile per me – racconta Minaudier - integrarmi in questa disciplina, cercare gli sponsor, i partner giusti. In queste ultime stagioni, a forza di mettere tutte le cose insieme ed arrivare sempre dove mi ero prefissato di arrivare... Oggi riesco solo a pensare che è magnifico fare la Dakar e arrivare alla fine. Me la sto assaporando questa soddisfazione".

E poi ricorda il suo giorno più difficile: "Il quarto, quando ho rotto la ruota in speciale e non sapevo come uscirne. Ero in uno stato catastrofico e ho pensato davvero che la corsa fosse arrivata alla fine per me. Invece no, e lì ho capito che non bisogna mai arrendersi, che c'è sempre una seconda possibilità. Mai lasciar cadere le braccia, sempre crederci ed è questo che mi ha permesso di arrivare fino a qui e sentirmi così felice".

La caparbietà ed anche qualche cosa in più: lo sguardo protettivo di Richard Sainct che ha sempre vegliato su di lui, di sicuro, per tutta la gara. "Richard mi ha sempre seguito" – dice mentre gli si spezza la voce. Perchè il pilota, tre volte vincitore della Dakar era dello stesso paese di Loic, Saint-Affrique, ed è stato proprio lui a metterlo in sella ad una moto, la prima volta, quando era ancora un bambino. Oggi Richard non c'è più, scomparso nel 2004 al Faraoni, ma suo papà ancora continua a seguire Loic: c'è sempre una seconda possibilità, ed è proprio lui che lo ha insegnato a questo giovane pilota di 29 anni.

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