Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Svizzera
Ultime notizie

Dakar: ecco il Map Man che studia le strategie Peugeot

Le Bail è stato per anni l'apripista della Dakar e il tracciatore di road book. Famin lo ha voluto a tutti i costi

Stephane Le Bail è un nome molto noto agli esperti di rally raid anche se in realtà lavora dietro le quinte. E' un personaggio che da quasi 30 anni fa parte di questo mondo e che nella Dakar 2015 ha affrontato un cambiamento radicale delle sue abitudini.

Apripista insieme a Jean Pierre Fontenay della Dakar da 12 anni, questa volta Stephane ha accettato la proposta di Bruno Famin ed è diventato il Map Man di Peugeot.

Chi è il Map Man, come lo chiamano i francesi, con un termine che però definisce bene l'oggetto? E' colui che studia il tracciato del road book, lo riporta su una carta dettagliatissima e poi istruisce i copiloti sulle tappe, giorno per giorno. Un lavoro importante che, come dice Stephane Peterhansel “magari non ti serve quasi mai, ma quel giorno che ti tornerà utile cambierai a tuo favore il destino della gara”.

“Ho cominciato a muovere i miei primi passi nel mondo dei rally raid nel 1989 all'Atlas Rally in Marocco con Jean Da Silva. Quello è stato il mio primo road book”.

E già, perchè Stephane i road book li scrive, non li legge, o almeno non solo: è colui che da anni prepara i road book della maggior parte delle gare che esistono sul globo terracqueo...
“Facevo dei road book in Francia, per qualche garetta club tout terrain, per questo mi aveva chiamato Da Silva, e poi disegno parecchio bene...” .

Ma sei stato anche copilota?
“Sì certo, sui camion e poi con il team Mitsubishi ufficiale, con Michelin, con diversi piloti famosi”.

Ma la tua chiamata più importante della carriera era già nell'aria...
“Mi chiamò Cyril Neveu, che all'epoca organizzava il rally di Tunisia Optic 2000 e mi chiese di preparare il road book della sua gara. La nostra collaborazione è durata 18 anni. Per Cyril ero anche l'apripista e cercavo di migliorare la sicurezza della gara perchè per me è un aspetto molto importante, in qualsiasi categoria i piloti corrano. E' sempre stato uno dei miei obiettivi, migliorare delle cose che a volte sono incomprensibili, e nello stesso tempo ho iniziato a uniformare i road book, prima di quelli della Coppa del Mondo FIA Rallyes Tout Terrai e poi dei rally raid in generale. Negli anni mi sono reso conto che i road book erano troppo diversi fra loro. Vai a correre in Polonia, o in Ungheria, in Cina o in Russia e ti trovi con dati preparati da un copilota locale che non ha alcuna esperienza a livello mondiale. Facendo l'apripista mi capitavano fra le mani dei road book assurdi e mi chiedevo come i navigatori potessero capire, con sigle varie, segni, disegni e legende così differenti”.

Con la Dakar la tua collaborazione è cominciata in modo curioso...
“Facevo il copilota per i camion della cucina, portavo gli autisti sulle tappe marathon, dove nessuno sapeva arrivare e gli aerei non potevano atterrare. L'ho fatto per cinque anni e poi sono diventato copilota per alcuni team ufficiali. Fino a che un giorno mi ha chiamato Patrick Zaniroli (il direttore sportivo della Dakar nell'era Auriol) e mi ha chiesto di lavorare con lui. Sono diventato il suo scout, cercavo le piste in Mauritania, in Mali e poi mi ha consegnato letteralmente le chiavi del settore apripista”.

Hai trascorso 12 anni da apripista, in Africa e in Sud America e ora è arrivato di nuovo il momento di cambiare...
“Forse era davvero il momento di cambiare anche perchè sulla Dakar attuale molti argentini stanno rimpiazzando i francesi e, quindi, prima che fosse troppo tardi, mi sono deciso e ho accettato la proposta Peugeot. Mi ha chiamato Famin perchè cercava un Map Man. Ci siamo visti, ha voluto vedere come lavoravo e gli deve essere piaciuto il mio stile, perchè mi ha ingaggiato”.

Un ruolo che fino a qualche anno fa non esisteva, o in parte era vietato:
“In effetti il Map Man prepara la navigazione della tappa per il copilota, anche se poi si deve preparare il suo road book, come da sua abitudine. Noi Map Man gli diamo una man: per prima cosa trasferiamo il road book sulle carte satellitari, utilizzando delle mappe di alto livello, professionali, alcune sono russe. Una volta fatta la traccia aggiungo dei CAP a quelli che già ci sono”.

Il CAP è la direzione espressa in gradi che il GPS della Dakar fornisce sul suo schermo...
“Ne mettiamo qualcuno in più e aggiungiamo qualche nota per far sì che non si perdano, magari quando ci sono delle biforcazioni in fuoripista. Qualcuno potrebbe dire che studiamo dei tagli del percorso, ma non è così. Oggi i tagli non si riescono più a fare con i WPT, i punti di riferimento del GPS che non consentono di passare su una traccia diversa da quella imposta dal road book. Però possiamo evitare che i nostri piloti finiscano in zone brutte, su un cordone di dune impossibili per cercare un passaggio più agevole, o sulle dunette piccole con la vegetazione che sono terribili. Oppure in una pietraia”.

E ci regala un esempio relativo alla tappa di Copiapo di ieri...
“Mi ero accorto che c'era la possibilità di fare un taglio e percorrere 4 km al posto di 10, ma il problema era che quei 4 erano di pietre terribili, mentre i dieci erano scorrevoli e veloci. Tagliare non avrebbe dato alcun giovamento. Siccome ho sempre disegnato road book e so leggere anche fra le righe delle note”.

E' vero che controlli anche il meteo?
“Mi tengo informato perchè cerco di dare ai nostri piloti tutte le informazioni possibili che possano essere utili e li possano aiutare. Il tempo, le altitudini, le piste poco visibili che non devono assolutamente perdere, tutto quello che potrà servire loro durante la tappa”.

E non è un lavoro da dieci minuti, anzi...
“Io analizzo tutto e ci passo sopra le notti. Quando i piloti arrivano al bivacco viene loro consegnato il road book del giorno dopo e io comincio il lavoro. Facciamo un piccolo briefing alla sera, prima che i piloti vadano a dormire, analizzando tutta la speciale e poi loro vanno a letto mentre io continuo a lavorare. Alla mattina facciamo un altro briefing prima di partire. Se il trasferimento è lungo, allora gli lascio un piccolo dossier con tutte le osservazioni per la giornata”.

Ma quando dormi?
“Beh, in effetti è una cosa che non faccio da tre giorni!”.

Be part of Motorsport community

Join the conversation
Articolo precedente Dakar: il viaggio "parallelo" con la Mini Countryman S
Articolo successivo Dakar, Auto, Tappa 5: tocca a Vasilyev la cinquina Mini

Top Comments

Non ci sono ancora commenti. Perché non ne scrivi uno?

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Svizzera