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Dakar: la laurea di Jacopo e la frattura di Toia

Il nipote di Cabini al via sul camion Mercedes come premio. Il crossista al via con una piastra alla clavicola

Una pioggerellina sottile e qualche nuvola scura ha accolto ieri mattina il primo giorno di verifiche alla Dakar 2015. La 37. edizione del rally raid più famoso del mondo, la settima in Sud America partirà nuovamente quest'anno dalla capitale argentina per farvi ritorno dopo 13 tappe e oltre 9.000 chilometri.

Tecnopolis, una sorta di parco dei divertimenti che rasenta il concetto di scienza e conoscenza, accoglie quest'anno il villaggio Dakar che ha concentrato per una volta tutto nello stesso posto: paddock assistenza, verifiche, amministrative e tecniche, parco chiuso, evitando ai piloti e all'entourage della gara incredibili spostamenti dentro le città.

I primi ad affrontare le verifiche sono stati gli equipaggi locali, i sudamericani che a differenza dagli altri piloti non hanno imbarcato i loro mezzi a Le Havre, in Francia a novembre, sulla nave che li ha portati in Argentina, e quindi non hanno passato la prima parte delle verifiche relative a strumentazione ed adesivi. Fra i sudamericani però c’erano anche diversi italiani.

Claudio Bellina con il suo Ginaf olandese è stato il primo pilota tricolore a rompere il giaccio con le operazioni preliminari, presentandosi a Tecnopolis alle 8,30 con il suo “bisonte” con i colori della Italtrans. Alle 10 sarebbe toccato a Paolo Ceci, numero 32 sulla sua Ktm, ma l'italiano ha chiesto all'organizzazione di spostare la data delle sue verifiche:

“Sono arrivato a Buenos Aires due giorni fa e ho trovato la moto completamente da rifare. La Ktm con cui correrò la Dakar è quella che 'Chavo' Salvatierra (il pilota boliviano con cui Ceci corre da due anni) ha usato come muletto in tutti questi mesi. Quindi andava sostituito il motore, forcelle, ammortizzatori, tutto, e non ce l'avremmo mai fatta per stamattina. Ho chiesto ad ASO di posticiparmi i controlli a domani”.

Alle 15 invece si sono presentati al padiglione dei controlli amministrativi Giulio Verzeletti e Antonio Cabini che, dopo l'avventura con la Panda nel 2014 ritornano con un camion Mercedes Unimog, esperienza che hanno già vissuto insieme altre volte, Africa compresa. Ma c'è una novità quest'anno: perchè con loro a bordo c'è Jacopo, il nipote di Antonio Cabini alla sua prima esperienza: “Si è laureato– racconta Cabini – e allora suo papà come premio mi ha chiesto di portarlo con noi alla Dakar”. Non male come premio. Il loro Unimog si occuperà dell'assistenza veloce in gara della Titano, la nuova vettura costruita dalla CR Racing, a motore Audi, che debutterà quest'anno alla Dakar con Michele Cinotto al volante.

Unimog Mercedes anche per Loris Calubini che torna insieme a Paolo Calabria, ma anche a bordo con loro c'è una new entry, Agostino Rizzardi che abitualmente corre i rally raid con una Porsche e che si trova a dover cambiare totalmente il suo punto di vista, almeno in gara e in altezza. A chiudere la giornata degli italiani in verifica i motociclisti Carlo Seminara, Francesco Catanese e Diocleziano Toia che ha pensato bene di rompersi una clavicola in allenamento 15 giorni fa.

“Mi hanno messo una piastra e tutto si è risolto – ha spiegato sorridente il crossista – ma il dottore mi ha detto di stare a riposo almeno un mese. Sono passati 15 giorni ma, in fondo, faccio solo una Dakar”.

L'atmosfera che si respira ai paddock è buona, rilassata e serena, mentre si terminano le ultime sistemazioni sugli oltre 600 mezzi che quest'anno – fra gara e assistenza – percorreranno Argentina, Cile e Bolivia a partire dal 4 gennaio.

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