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Dakar: l'incredibile storia di Willy l'...inseguitore

Alcaraz, con il mini-buggy a motore mille Polaris, arriva quando gli altri stanno per ripartire

Willy Alcaraz è una vecchia conoscenza della Dakar, tanto è vero che questa per lui è la 24 edizione. Correva con il team italiano della Cagiva, come copilota della vettura di assistenza veloce di Christian Chiaravita, quando il team era al comando di Roberto Azzalin.

Un bel personaggio che aveva già sperimentato diversi modi di correre alla Dakar e che così, quattro anni fa ha scelto qualcosa di nuovo e di folle. I mini buggy a motore Polaris del team Extreme Plus, che corrono in una categoria riservata, la mini buggy categoria T3 Solo.

Willy ha anche vinto tre volte la categoria, ma è lui il primo a dire che quest'anno la gara è durissima...
Fin dal primo giorno ci siamo resi conto che questa era una Dakar molto più difficile rispetto alle altre del passato. Già nella seconda tappa abbiamo avuto un sacco di fesh fesh e tanto vento sulla schiena il che ha portato i nostri motori a scaldarsi moltissimo. I concorrenti che partivano davanti a noi hanno avuto un sacco di noie e li trovavamo piantati nel fesh fesh, nelle caregge profonde che si erano scavate e siamo stati costretti in più di uno ad uscire dal percorso della gara e a cercare altri itinerari. Questo ci ha obbligati a passare in mezzo alla vegetazione (quello che in molti chiamano 'bush') col rischio di bucare sulle spine dei cespugli. Ho bucato, ovviamente, e ho finito la speciale con le gomme riparate com'era possibile perchè non ne porto dietro tante per poterle cambiare. Ho finito parecchio indietro, ma almeno al bivacco ci sono arrivato. Partendo dietro alla mattina ce ne andiamo sempre tardi e in questo modo accumuliamo un ritardo che non riesciamo mai a recuperare. A volte, addirittura, siamo entrati in speciale alle quattro del pomeriggio e questo è pazzesco perchè è ovvio che scenderà la notte mentre noi saremo ancora in speciale. Tutto ciò è strano a livello organizzativo... Ci sono dei trasferimenti così lunghi per andare alla speciale che non tengono conto che noi abbiamo dei motori piccoli e non andiamo fortissimo. E specie quando si sale in altitudine perdiamo quasi il 50% della nostra potenza”.

I loro motori 1000 cc sviluppano non più di 100 cavalli e perdere la metà della potenza vuol dire ritrovarsi con le velocità di uno scooter...
“Non abbiamo il tempo per fermarci, per mangiare qualcosa, corriamo sempre come matti per non arrivare in ritardo alla partenza della speciale e prendere la penalità ed è anche per questo che trovo questa Dakar tanto dura...”.

E poi ci racconta la sua avventura nella tappa marathon:
“La prima speciale, già in Bolivia è stata terribile. Siamo partiti con un meteo sfavorevole e con un freddo intenso. Si è poi messo a piovere forte e io mi sono ritrovato completamente bagnato. In più dovevamo attraversare dei fiumiciattoli dove l'acqua era salita molto e a me arrivava quasi alla vita. Mi sono lavato completamente e quando ci siamo rimessi ad andare stavo congelando. C'erano cinque gradi e io ero fradicio d'acqua. Terminare la prova è stato un inferno”.

Al bivacco ha trovato un pasto caldo e la doccia calda per fortuna, ma non è bastato...
“Essendo una tappa Marathon dovevo lavorare da solo, senza meccanico, sul mio mezzo e farlo con l'aria fredda e con i vestiti bagnati addosso è stato delirante. Per fortuna non avevo moltissimo da fare, se non sistemare il cardano o riparare una gomma forata. Poi ho fatto la doccia calda e ci sono rimasto sotto per una buona mezz'ora per scaldarmi, ma quando ne sono uscito ancora tremavo. Ovviamente mi sono preso un raffreddore”.

Però non aveva abiti puliti e allora ha utilizzato il poncho in lana che i boliviani hanno fornito a tutti i piloti, con il tipico cappellino, ma non era sicuramente sufficente per scaldarsi. Per fortuna sul lettino avevamo le coperte e anche il pasto era bello caldo.

Ma la cosa curiosa è successa il giorno dopo: il suo mezzo sembrava un meteorite, bagnandosi e correndo sul fango e sul Salar si era formata una sorta di calotta di roccia durissima...
“Faceva ancora freddo e poi mi sono bloccato. Le connessioni elettriche hanno smesso di funzionare per ben tre volte. La prima volta ero in trasferimento e ho timbrato con 40 minuti di ritardo, e le altre due ero già nella seconda speciale. Per fortuna ho trovato qual era il problema abbastanza in fretta ma ciò non toglie che sia rimasto fermo un po' per risolvere il problema entrambe le volte”.

Willy scuote la testa pensando che da quando è partito il rally non c'è stato un giorno in cui non ci fosse una tappa durissima...
“La gara è veramente difficile: la riprova sta nel numero delle vetture ritirate. Normalmente il 50% dei concorrenti lo si perde all'arrivo, non a metà gara, al giorno di riposo. Questa edizione è diversa dal solito e non è divertente. Ripenso al 2013, al Perù, con i suoi terreni diversi, dove c'erano speciali belle che si alternavano al terreno duro. Qui, invece, c'è poco o nulla da pilotare, c'è un sacco di fesh fesh, tante buche, rocce: si rischia solo di spaccare le vetture e spaccare le persone”.

Ma Willy è un uomo tutto d'un pezzo e non molla...
“Questo è il mio quarto anno nella categoria T3 Solo e nei tre anni precedenti ho sempre vinto. Il mio obiettivo è impormi anche questa volta: al momento sono in testa alla classifica di classe. Incrocio le dita perchè il mio veicolo mi porti fino alla fine. Ho anche patito un guasto al cambio che mi ha fatto perdere un sacco di tempo. Però, se guardo ai mezzi che mi stanno davanti in classifica generale, vedo che sono sempre di meno. Se penso che noi abbiamo 100 cavalli e gli altri ne hanno almeno 300, c'è di che essere soddisfatti. Penso che arrivare nei primi cinquanta sia una cosa alla mia portata...”.

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