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Renè Metge scommette sulla Turkmen Desert Race: "Il deserto del Karakum è sempre fantastico"

Il francese, vincitore in passato della Dakar, ha raccontato a Motorsport.com come è nato il percorso di questa gara che è stata presentata la scorsa settimana insieme all'Africa Eco Race.

Franco Picco e Renè Metge

Franco Picco e Renè Metge

Elisabetta Caracciolo

Renè Metge torna a Venezia. Dopo la piccola invasione pacifica nel settembre del 2012 con ben 42 auto d'epoca insieme alla Louis Vuitton Serenissina Run da lui organizzata, il pilota francese, vincitore della Dakar e organizzatore di alcune delle gare emblema del panorama dei rally raid, arriva in laguna, per la precisione al Casinò di Ca' Vendramin, in pieno centro, per presentare l'Africa Eco Race.

E non solo. Renè Metge è appena rientrato dalle ricognizioni finali di una nuova avventura, il Turkmen Desert Race che si correrà per la prima volta quest'anno, dal 10 al 16 settembre, in Turkmenistan. E proprio da questa nuova sfida parte l'intervista di Motorsport.com.

Renè alla fine sei tornato in Turkmenistan, dopo oltre vent'anni...
“E' vero. In Turkmenistan eravamo stati con la Parigi-Mosca-Pechino del 1992 e poi con il Master Rallye, nel 1996 e nel 1997. Ho trovato un Paese completamente cambiato, ma il deserto del Karakum è sempre fantastico. Ho guidato per parecchi giorni la mia Nissan durante le ricognizioni e mi sono davvero divertito”.

Divertirsi però non vuol certo dire che il percorso di questa nuova gara sarà semplice?
“Al contrario - sogghigna Metge – basti pensare che dopo tre giorni di dune e sabbia, mi facevano male le braccia. Il deserto del Karakum ha proprio questa particolarità. Non puoi contornare le dune, perchè non c'è modo di farlo. Le puoi solo attraversare, non hai scelta. Abbiamo girato molto per cercare qualche passaggio, una variante ai percorsi più impervi, ma non li abbiamo trovati”.

Avete deciso voi di andare in Turkmenistan?
“Assolutamente no. E' stato lo stesso Paese che ci ha contattati. Ha chiamato tre organizzatori diversi: ASO, Frederic Lequin e il suo staff del Silk Way Rally e noi”.

Forse perchè si ricordavano del Master Rallye e di Renè Metge?
“No, non credo. Quando siamo andati lì non conoscevo nessuno, forse nelle prossime settimane incontrerò qualcuno che avevo conosciuto all'epoca, ma al momento ancora non è accaduto. Si ricordano certo che avevo organizzato delle gare sportive da loro, ma personalmente non ho incontrato le stesse autorità con cui avevo trattato allora. In fondo sono passati più di 20 anni”.

Però alla fine hanno scelto voi?
“Sì hanno deciso di consegnare l'organizzazione del rally raid nelle nostre mani e Jean Louis è stato molto contento. Io sono partito subito e ho tracciato il road book. E' già tutto pronto, stiamo solo risolvendo qualche piccola noia con i GPS ma è tutto apposto”.

Possiamo avere qualche anticipazione sul percorso?
“Ho ritrovato dei posti dai quali ero già passato, davvero belli. Ho trovato però un disastro a livello di strade, quelle asfaltate intendo. Se si esclude la strada principale che collega le grandi città e cioè Turkmenbasy, Balkanabat, Achgabat – la capitale – e Turkmenabat tutte le altre sono distrutte. Loro non fanno manutenzione sulla strada e le condizioni sono davvero terribili, un inferno. Però hanno promesso che le ricostruiranno e sistemeranno per noi, per la nostra gara : in questo modo le nostre assistenze e l'organizzazione stessa potrà muoversi più agevolmente però non posso fare a meno di pensare a quante difficoltà hanno coloro che abitano e lavorano là per muoversi o semplicemente spostarsi da un paese all'altro”.

E relativamente all'Africa Race, ci sono novità?
“La mia equipe sta lavorando al momento in Africa. Ho dato loro una serie di indicazioni e di idee nuove per il percorso e abbiamo in programma di incontrarci a fine giugno per rivedere insieme il lavoro fatto fino ad ora. Una volta stabilite le tappe dovremo procedere con il lavoro di richiesta autorizzazioni e permessi a tutte le autorità. Le sedi di bivacco saranno più o meno le stesse perchè in Mauritania, per esempio, non c'è molta scelta. Bisogna pensare a tutta la logistica che sta dietro ad una tappa di un rally raid: la strada per arrivare al bivacco, i camion, il carburante, oltre alla possibilità di acquistare beni di prima necessità, come per esempio l'acqua, sono tutte cose di cui dobbiamo tenere conto quando decidiamo arrivo e partenza di ogni tappa”.

Visto quando sta accadendo nel mondo dei rally raid dovrete forse pensare ad un numero chiuso per i partecipanti all'Africa Race?
“Ah sì, assolutamente sì. Penso che conservando l'attuale organizzazione, senza apportare grossi cambiamenti, possiamo arrivare a cinquanta, forse 100 partecipanti in più. Anche perchè non bisogna dimenticare che la bellezza dell'Africa Race, una delle sue caratteristiche principali, è proprio questa convivialità che si crea al bivacco e fra i concorrenti. Solo così potrà conservare quella dimensione umana che la contraddistingue”.

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