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Anthony Schlesser: "L'arrivo di più concorrenti all'Africa Eco Race non ci mette più pressione"

Il figlio del grande Jean Louis è tra gli organizzatori della maratona africana, che nell'edizione 2019 sembra poter attrarre un grande numero di equipaggi.

Anthony Schlesser e Renè Metge

Anthony Schlesser e Renè Metge

Elisabetta Caracciolo

Anthony Schlesser è cresciuto in mezzo ai motori, accanto a suo papà, Jean Louis, che vinceva le Dakar e costruiva prototipi a due ruote motrici nella sua officina di Grasse, a pochi passi da Nizza. Ovvio quindi che le gare diventassero il suo pane quotidiano e oggi che si prepara per la sua sesta Africa Eco Race, di 10 complessive corse fino ad oggi, è pronto a raccontare che cosa bolle in pentola per il 2019.

Cominciando dal Turkmen Desert Race, questa nuova gara che si correrà a settembre in Turkmenistan.

“Le cose sono andate in questo modo – esordisce Anthony – quando siamo rientrati dall'Africa Race a febbraio ci è arrivata una telefonata dall'ambasciata turkmena di Parigi. Ci dicevano che qualcuno del ministero dell'interno voleva organizzare un rally raid nel loro Paese e che avrebbero voluto parlarne con noi. Mio papà ed io abbiamo pensato ad uno scherzo e non abbiamo dato seguito alla cosa però dopo un paio di giorni abbiamo ricevuto una mail dal Ministero che ci chiedeva un incontro. Così abbiamo organizzato un primo incontro via Skype e poi abbiamo preso l'aereo e siamo andati in Turkmenistan. Lì ci siamo seduti intorno ad un tavolo e fra le tre società che avevano contattato hanno scelto noi Africa Eco Race Organization perchè hanno ritenuto che rispetto ad altre organizzazioni fossimo quella che più degli altri rappresentava ciò che loro avevano in mente per la loro gara. Semplicemente”.

Forse si ricordavano di Renè Metge?
“No, non direi. E' vero però che quando abbiamo detto che della nostra organizzazione faceva parte anche Renè Metge si sono subito ricollegati al Master Rallye degli anni Novanta. Ma ancora più impressionante è stato scoprire quanto conoscessero mio papà Jean Louis. Quando siamo arrivati ci hanno sciorinato tutto il suo curriculum sportivo e io per primo ne sono rimasto sorpreso. Sapevano addirittura cose che io ignoravo !”

E così l'accordo è stato fatto e ora a settembre avremo la prima edizione...
“Esatto, è andato tutto bene e spero che riusciremo davvero ad organizzare questa super gara. Per noi si è trattato di un lavoro molto duro, una grande sfida perchè organizzare un avvenimento di questa portata in meno di un anno non è stato certo semplice. Ma a noi le sfide piacciono e ci siamo dati tanto da fare. Siamo degli appassionati ed agiamo soprattutto spinti da una pura e sana passione”.

Passando invece all'argomento Africa Race quest'anno potrebbero arrivare molti concorrenti in più, questo vi mette un po' sotto pressione?
“Non è l'arrivo dei concorrenti che può metterci sotto pressione. La pressione noi ce l'abbiamo sempre sia che si parli di venti, sia che si tratti di 100 concorrenti. Perchè a noi piace far le cose bene per i partecipanti delle nostre gare, per chi viene a vivere un'avventura umana, provando quello che all'epoca facevano coloro che andavano a correre con Thierry Sabine. Certo, siamo nel 2018 e quindi c'è stata un evoluzione in queste gare ma noi abbiamo sempre cercato di mantenere una impronta, una identità in tutto uguale a quella dei rally di quell'epoca. E posso confermare che tutti quelli che vengono a correre all'Africa Race me lo hanno detto e ripetuto 'veniamo a correre è vero, per cercare di vincere, ma prima di tutto per vivere un'avventura'. Noi stiamo crescendo e visto anche quanto sta succedendo ad altre gare ci aspettiamo di avere più concorrenti ed anche una maggiore attenzione mediatica: stiamo investendo in questo e speriamo davvero di fare un buon lavoro. Siamo qui in Italia anche per poter aiutare i piloti e i team a trovare un budget per venire a correre all'Africa Eco Race”.

Avete avuto qualche contatto anche dai team ufficiali?
Sorride prima di rispondere: “Non posso dirlo ovviamente, però posso confermare che sì, ci stanno chiamando. Per forza, la gente cerca qualche cosa di nuovo e noi offriamo loro la possibilità di tornare in Africa in tutta sicurezza. In tutti questi anni non abbiamo mai avuto il più piccolo problema, né in Marocco, né in Mauritania, né in Senegal. L'Africa oggi è un Continente che ha tanto da sviluppare e sono sicuro che ci sia ancora molto da fare. Siamo sulla buona strada”.

Nelle categorie in gara all'Africa Race c'è anche la Classic...
“Sì in effetti c'è sempre stata ma si tratta di una nicchia e fino ad oggi non sono venuti in molti a correre con veicoli storici. Adesso invece la tendenza sta cambiando: più di qualche concorrente mi ha chiesto di venire con tre o quattro moto 'classiche' e io ho risposto perchè no? Questo ci permetterà di farci tornare in mente tanti bei ricordi”.

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