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Mazda MX-5, a volte ritornano

Di lei sappiamo già tutto, ma un test a distanza di tempo permette di cogliere aspetti "nuovi"

Mazda MX-5

Foto di: Cristina Pertile

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Ci sono macchine su cui è un dovere tornare, nel senso fisico e in quello figurato. Auto che dopo un po’ che non guidi ti viene voglia di “riassaporare” e che, immancabilmente, qualcosa di nuovo te lo sanno ancora dire. Una di queste è la Mazda MX-5, la spiderina per definizione, quella che conta il più alto numero di imitazioni, dato il suo successo ormai quasi trentennale. Un successo frutto di poche cose, semplici, ma messe insieme come solo i giapponesi e nessun altro, almeno finora, è riuscito a fare. Piacere di guida e design: ecco cosa ha fatto della MX-5 un mito in giro per il mondo, un oggetto capace di mettere d’accordo tutti, persino gli automobilisti europei con quelli americani, che in quanto a gusti sulle auto vanno d’accordo come un macellaio con un vegano sull’alimentazione. Vabbè, è ora di tornarci su davvero, sulla Miata. In versione Sport e con motore 2.0, prezzo: 30.350 euro.

E’ subito tua, nonostante la posizione di guida

A dimostrazione che qualche volta è bene tornarci, su un’auto, appena salgo (anzi scendo) sulla MX-5 noto un particolare a cui sulle prime non avevo dato molta importanza: la posizione di guida. Cerco la leva per regolare il volante, lo sistemo in altezza, ma non posso muoverlo in profondità: di questo sì che mi ero accorto ma non di quanto influisse negativamente sulla corretta ergonomia di guida (ma l’esemplare che avevo guidato la prima volta non aveva i sedili Recaro opzionali, che potrebbero cambiare, anche se di pochi cm, l’allineamento della seduta). Risultato: per me che sono poco più alto di un metro e ottanta, le braccia restano sempre e comunque più distese di quello che vorrei, perché se mi avvicino oltre un certo punto col sedile tocco la plancia con le ginocchia. Un po’ perplesso, accendo e parto. Ed ecco che tutto torna al proprio posto: anche in città, persino quando non superi i 50 km/h e sei imprigionato nel traffico, la giapponese risponde con una naturalezza incredibile ai comandi. Ed è subito feeling. 

Un libro aperto

Chi guida una MX-5 in città si sente come un gatto davanti a una vasca piena d’acqua: vuole scappare il prima possibile. E non perché la giapponese sia faticosa da usare ogni giorno per il casa ufficio (anzi, la morbidezza dell’assetto perdona molto anche sulle buche), ma perché ha così tanto da dare fuori che è un peccato confinarla lì. Detto, fatto. Infili le prime curve, anzi già la prima, e questa spider ti pare di averla sempre guidata, perché lo sterzo ti dice ciò che succede sotto le ruote cm per cm, la leva del cambio è una “prolunga” senza filtri della meccanica e persino il sedile, quel sedile che non è nella posizione ideale (non solo per una sportiva, ma per un’auto moderna in genere), ti mette in collegamento diretto col telaio. Qui sopra c’è un’interazione uomo macchina che ti permette di fare quello che vuoi: guidare pulito e con lo stile più efficace, perché la minima perdita di aderenza la senti arrivare con largo anticipo; oppure guidare in sovrasterzo per le stessa motivazione di cui sopra: sei nel pieno controllo di ciò che accade, grazie anche a una taratura di molle e ammortizzatori che lascia spazio al rollio e, quindi, regala gradualità nelle perdite di aderenza. 

La precisione meccanica

 I gusti sono gusti, ma guidare in modo pulito una MX-5 è quasi un peccato. Anzi, è un grande peccato, perché è inutile girarci attorno: quando il sovrasterzo di potenza ce l’hai così a portata di mano è impossibile resistere alla tentazione. Entri in curva “caricando” un filo le sospensioni (veloce sì, ma non troppo) e quando la macchina è in appoggio la stuzzichi col gas: immancabilmente lei “parte dietro”, si mette di traverso. Quanto di traverso dipende da te che guidi, da quanto premi il gas, a che velocità lo fai e quanto tempo impieghi a iniziare la correzione col volante. E’ tutto nelle tue mani e nel tuo piede destro, fantastico. 

Un 2.0 che “vince facile”

160 CV e 200 Nm di coppia non sono certo valori da record, ma se li si rapporta ai 1.015 kg della MX-5 assumono una dimensione ben diversa. Detto che la giapponese non è e non vuole e non ha mai voluto fissare record prestazionali, piano non si va. I dati dichiarati dicono 214 km/h di velocità massima e 7,3 secondi per scattare da 0 a 100 km/h. Le sensazioni indicano che si ha una riserva di spinta che è sempre ben al di sopra delle necessità del traffico. Anche in questo caso, col tempo ci si accorge di aspetti che magari subito non si colgono. Dicevo della spinta: non ci si sente mai, nemmeno per un attimo, in affanno. Però non avrebbe guastato un filo di cattiveria in più nell’erogazione. Una mappatura specifica, magari da selezionare con un tasto; oppure ad attivazione automatica quando si guida in modo sportivo. Ok, con le normative Euro 6 non dev’essere facile, tutt’altro, ma questo modo fino troppo “piatto” di fornire la potenza alle ruote toglie un filo di emozione. 

Un cambio che “suona” e uno sterzo che disegna

L’ho lasciato per ultimo perché merita un capitolo a parte. Il cambio, rigorosamente meccanico, è così preciso negli innesti e secco, metallico nelle risposte, che ti viene voglia di cambiare anche quando non serve. La cosa incredibile è che conserva tutte le sue caratteristiche anche quando ci si trova al limitatore, nelle cambiate al limite. E poi la pedaliera, studiata appositamente per il “punta-tacco”, è così ben riuscita che ti ritrovi a fare le doppiette, del tutto inutili, anche nei parcheggi dei supermercati.

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