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Jean Todt: "La sicurezza è un diritto, non un privilegio"

Jean Todt, presidente della FIA, ha rilasciato un'intervista esclusiva legata al suo impegno per l'ONU riguardo la sicurezza stradale.

Jean Todt, FIA President

Jean Todt, FIA President

XPB Images

Jean Todt presidente FIA
Jean Todt, presidente FIA, e la moglie Michelle Yeoh accettano il premio Humanitarian of the Year dalla United Nations Association di New York
Jean Todt, Presidente FIA, Alejandro Agag, CEO Formula E, Zak Brown, Chairman, Motorsport Network e
Jean Todt, FIA president
Anne Hidaldo, Sindaco di Parigi
Antoine Griezmann, calciatore francese
Felipe Massa, pilota di F1
Fernando Alonso, pilota di F1
Haile Gebrselassie, fondista
Marc Marquez, pilota di MotoGP
Michelle Yeoh, attrice
Nico Rosberg
Pharrell Williams, compositore, musicista
Rafael Nadal, tennista
Vanessa Low, saltatrice in lungo medaglia d'oro paralimpica
Wayde van Niekerk, medaglia d'oro olimpica nei 400m
Yohan Blake, medagliato olimpico 4x100m
Simona de Silvestro, Nissan Motorsports, Jean Todt, FIA president
2017 F1 drivers

Jean Todt, presidente della Federazione Internazionale dell'Automobile, non ha una singola missione, ma più interessi da seguire. "La mia vita si divide in centri d'interesse. Quello più visibile è probabilmente legato alla sicurezza stradale", ha affermato in esclusiva a Motorsport.com.

"Sono interessato a un sacco di cose. Allo sviluppo della F.1, a creare un nuovo campionato in Formula E, alle nuove tecnologie, all'ambiente... Ci sono un sacco di aree in cui sono coinvolto e a cui presto interesse".

Da diversi anni il presidente della FIA ha concentrato parte dei suoi sforzi per migliorare la sicurezza stradale. Il motorsport è importante per la Federazione, ma la mobilità stradale lo è altrettanto e coinvolge tantissime persone.

Quando abbiamo chiesto a Todt quale fosse il suo più grande risultato ottenuto, lui ha risposto di vedere la sicurezza stradale sopra ogni cosa: "La sicurezza è importante e lo è stata nelle corse per decenni. E' importante per la mobilità di tutti i giorni. Come sapete sono coinvolto anche nell'Istituto Medico ICM (Institut du Cerveau et de la Moelle épiniere)".

"E' qualcosa che ha prodotto in me un grande sforzo e ho messo il cuore per realizzarla. Questo è certamente uno degli obiettivi migliori che sono riuscito a raggiungere, partendo da un pezzo di carta per arrivare a 25.000 metri quadrati a Parigi, un un grandissimo ospedale con 650 ricercatori".

Gli incidenti non sono fatti normali

Mentre la ICM è una creatura di Todt, l'ex boss della Ferrari ha lasciato la direzione dell'istituto agli esperti. I suoi sforzi e le sue conoscenze sono infatti utilizzate al meglio in altre aree in cui ha sia autorità che competenza.

"E' molto importante per me che le persone si rendano conto che gli incidenti stradali non sono cose normali. E' una pandemia e deve essere interpretata come tale. Abbiamo bisogno dell'impegno dei leader mondiali, che si impegnino nella sicurezza stradale. Parliamo di diritti umani, parliamo di profughi, e di altre cose".

"Non voglio fare paragoni: ogni persona che muore nel mondo è importante ed è una cosa grave. Ma c'è una vera e propria guerra sulle strade. E 1.300.000 persone moriranno. Abbiamo la prescrizione per poter risolvere questo problema. Sappiamo cosa fare".

"Per questo sento sia davvero il momento di affrontare questa situazione, specialmente in questa mia veste da inviato speciale dell'ONU e come presidente della FIA".

"La prescrizione per questo problema è legata all'istruzione, l'applicazione delle leggi che è essenziale, le infrastrutture stradali, ma anche i veicoli stessi. In un paese come la Francia l'età media dei veicoli è di 9 anni. A prima vista potremmo pensare a una media di 3-4 anni, in realtà è 9. Come si può immaginare una cosa del genere nei paesi in via di sviluppo? L'età media dei veicoli in quei paesi è compresa tra 15 e 30 anni. Dunque molto vecchi".

"Un altro fattore molto importante sono le cure che si ricevono dopo gli incidenti. Dopo un crash con conseguenze fisiche le tempistiche dei soccorsi devono essere veloci come quelli che ricevono i piloti nel mondo delle corse".

"Dal momento dell'incidente a quello in cui arrivi in ospedale è un periodo molto importante. Quanto tempo ci vorrà? Questo è un parametro davvero molto importante. Il progresso potrebbe essere più forte, ma sta cominciando a mutare proprio ora. Il viaggio inizia sempre facendo il primo passo".

I Governi devono impegnarsi per cambiare

Parte di questo passo coinvolge anche i funzionari governativi per convincerli dell'importanza di ridurre le morti e le lesioni derivanti dal traffico stradale. Il costo umano è indiscutibilmente alto, con una media di 3.500 persone che muoiono sulle strade del mondo ogni giorno".

"Ugualmente alto è anche il costo per la società, con i governi dei paesi in via di sviluppo che spendono più di 100 miliardi di dollari ogni anno a causa di incidenti stradali. Recentemente sono stato in Giamaica per un incontro con il primo ministro del Paese e dopo la riunione ha detto di aver l'intenzione di dimezzare il numero di vittime stradali a partire dal 2020".

"Per me questo è un successo. Ha affermato di voler adottare le convenzioni di sicurezza stradale dellee Nazioni Unite. Non tutti i paesi le hanno adottate, dunque una di quelle cose che faccio è fare pressioni sui governi".

Alzare gli standard di sicurezza ovunque

"Rendere le norme di sicurezza delle Nazioni Unite standard è un passo fondamenta.e nella lotta per migliorare il tasso di sopravvivenza per i pedoni e, allo stesso tempo, per gli automobilisti. Siamo molto fortunati a vivere in paesi con elevati standard di sicurezza. A Londra, ad esempio, non ci sono problemi. Ma se andate in Bangladesh o in India le cose cambiano".

"In un certo senso siamo molto fortunati, ma anche se siamo dotati di certe misure di sucrezza abbiamo persone che fanno incidenti a nostra volta. La sicurezza stradale non dovrebbe essere un privilegio, dovrebbe essere un diritto. Tutto intorno a noi ci sono persone che sono state vittime di incidenti stradali".

"Abbiamo bisogno di essere uniti in questa lotta. Più una persona ha visibilità e più bisogna fare qualcosa. Ecco cosa si dovrebbe fare. Nella mia vita, in tutta la mia carriera, ho avuto il compito di coinvolgere e convincere gente per farli entrare in gioco. Per molti anni l'ho fatto per lavoro, ora penso sia necessario rendere qualcosa. Tutto quello che sto facendo ora è quello di cercare di dare qualcosa di nuovo. E' la mia passione, mi dà energia. E' la mia motivazione".

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