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Rivoluzione Ferrari: scopriamo Mattia Binotto, il tecnico che diventa team principal

Ingegnere reggiano, svizzero di nascita, Mattia Binotto diventa team principal della Scuderia a 49 anni, dopo 24 anni di appartenenza alla squadra del Cavallino. E' il primo tecnico dopo Claudio Lombardi ad arrivare al vertice della Gestione Sportiva.

Mattia Binotto, Chief Technical Officer,  Ferrari

Foto di: Mark Sutton / Motorsport Images

Mattia Binotto arriva al timone della Scuderia Ferrari a 49 anni. Ne compirà 50 il prossimo 3 novembre, quando le monoposto di Formula 1 si schiereranno sulla griglia del Gran Premio degli Stati Uniti. Laureato in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico federale di Losanna (città in cui è nato da genitori reggiani) nel 1994, ha conseguito un master in Ingegneria dell'Autoveicolo presso il Dipartimento di Ingegneria "Enzo Ferrari" di Modena.

Nel 1995 è entrato a far parte della squadra test della Scuderia Ferrari come ingegnere motorista ma non senza difficoltà. A Maranello era attivo un blocco delle assunzioni nei reparti tecnici, così Binotto è entrato ufficialmente alla Ferrari con un ruolo nell’ufficio… del personale. L’incarico vero era ovviamente quello di ingegnere motorista, ruolo che ha ricoperto nella squadra corse dal 1997 al 2003.

Sono seguiti tre anni come ingegnere dei motori ‘gara’, poi nel 2007 la nomina a capo Ingegnere corse e montaggio, e nel 2009 l’incarico di responsabile delle operazioni motore e Kers.

Nel 2013 è stato nominato vice-direttore motore ed elettronica sotto la direzione di Luca Marmorini, e dodici mesi dopo gli viene affidata da Sergio Marchionne la gestione del reparto motori. L’escalation è proseguita a ritmi serrati: a Binotto è stata affidata la direzione tecnica della Scuderia il 27 luglio 2016, in sostituzione di James Allison, e ora giunge la nomina a Team Principal.

Maurizio Arrivabene, con Sergio Marchionne e Mattia Binotto nel dicembre 2016

Maurizio Arrivabene, con Sergio Marchionne e Mattia Binotto nel dicembre 2016

Il rapporto con Marchionne

L’arrivo a Maranello di Sergio Marchionne ha visto Mattia Binotto diventare una figura di riferimento del Presidente. È stato il manager italo-canadese ad affidargli le chiavi del reparto motori dopo la deludente power unit 2014 nata sotto la direzione di Marmorini, ed è stato sempre Marchionne a nominarlo direttore tecnico dopo gli eccellenti progressi ottenuti dalla PU 2015 nata sotto la sua direzione.

La volontà di Marchionne di valorizzare le risorse interne è diventato un ‘must’ anche per lo stesso Binotto, che nel suo organigramma a Maranello ha affidato ruoli di primo piano a tecnici sconosciuti nel contesto dela Formula 1, come Enrico Cardile (telaio e aerodinamica) e Corrado Iotti (motori), provenienti dai reparti Gran Turismo e Produzione.

Negli ultimi anni le apparizioni ‘media’ di Binotto si sono limitate a qualche conferenza stampa della FIA, per il resto il suo si è confermato un approccio silenzioso, facendo parlare la pista.

Una scelta che ha pagato, visto che i risultati nell’ultimo biennio gli hanno dato ragione. Non sono arrivati i titoli Mondiali sperati, ma spesso la responsabilità dei punti lasciati per strada non è stata imputabile alla monoposto.

Era dal 1992 che la Scuderia non veniva più affidata ad un team principal di pura formazione tecnica. L’ultimo fu l’ingegnere Claudio Lombardi, poi si sono susseguiti una serie di manager di formazione sportiva (Jean Todt, Stefano Domenicali, Marco Mattiacci e Maurizio Arrivabene).

Binotto è descritto come un uomo di polso, capace di imporre la sua linea ma anche con un fiuto notevole nella capacità di selezionare i suoi collaboratori. Sarà, quest’ultima, una qualità fondamentale nei prossimi mesi, quando sarà chiamato a delegare mansioni che svolgeva personalmente per poter disporre del tempo necessario per costruirsi una visione d’insieme...

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