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Max Bianchi pronto per la sfida in GT3 nella Blancpain

Il campione in carica della Coppa Shell del Ferrari Challenge si racconta in una lunga intervista

In soli due anni è diventato campione del mondo. Merito della sua perseveranza, e della sua preparazione, quasi maniacale. E merito anche degli amici, che lo hanno fatto avvicinare al Ferrari Challenge, al Ferrari Club Italia, e merito anche di Andrea Montermini che è il suo coach, ma che in realtà è molto di più.

Max Bianchi ha vinto nel 2014 il titolo di campione europeo e di campione mondiale del Ferrari Challenge, la Coppa Shell, insieme al suo team, lo svizzero Kessel Racing. E i suoi amici hanno aspettato aprile, la vigilia della sua prima gara del 2015 per festeggiare questo successo.

Una vittoria e una soddisfazione che sono arrivate velocemente per un Max Bianchi che ha bruciato tutte le tappe: primo corso di pilotaggio nel 2003, gli istruttori che lo invitano a continuare perchè vedono in lui le capacità giuste, poi il 2008 con le prime prove in pista, i titoli del 2010 e 2011 e poi il sesto posto nell'Europeo del 2013 e il settimo nel Mondiale. Fino ad arrivare al 2014, e al doppio titolo, europeo e mondiale.

"Da giovane, cioè fin da ragazzino, sono sempre stato appassionato di macchine sportive – racconta Max, 50 anni, di Roma - ma sempre e solo su strada e poi pista. Ma la passione vera in realtà è arrivata negli anni duemila perchè il mio primo corso di pilotaggio è stato nel 2003".

E fu allora che gli istruttori lo scoprirono: "Mi dissero 'fidati, vai tranquillamente a fare qualche prova in pista' e così nel 2008 seguii gli amici del Ferrari Club Italia nel quale poi sono cresciuto in realtà, e dove ho vinto i miei primi campionati con auto stradali prestate alla pista. Ho vinto nel 2010 e nel 2011 e poi, sempre per curiosità e per crescere, sono andato a provare il Challenge dove nel 2013, che era il mio primo anno, ho chiuso con un sesto posto europeo e settimo nel mondiale, mentre nel 2014 c'è stato l'exploit perchè oltre all'europeo ho vinto anche il mondiale. Vincendo poi la finalissima di dicembre ad Abu Dhabi".

Una gara bellissima e soprattutto indimenticabile. "Partii in pole position e quindi feci una gran bella gara, non fu facilissimo ma arrivai in fondo e vinsi".

E ora la sua carriera nel mondo delle corse approda al GT3, un nuovo mondo, ma nello stesso tempo la prosecuzione scontata del suo cammino: "Mi alleno circa tre volte al mese, come minimo, dedicando un paio di giornate ogni volta: vado al Mugello, a Imola e a Vallelunga che è la pista vicino a casa".

Ma la sua pista preferita non è in Italia: si trova in Gran Bretagna. "La mia pista preferita, visti anche i risultati che vi ho ottenuto nel 2014, e nella quale mi sono trovato sempre benissimo, è Silverstone. L'anno scorso vinsi sia gara 1 partendo in pole position, ed arrivando con 14” di vantaggio, sia Gara 2, dove, con la griglia invertita partii dalla decima posizione. Superai tutti, fino a vincere".

Ma non è questa l'unica ragione che gli fa amare Silverstone: "Mi piace per la sua atmosfera e poi è una pista completamente diversa da tutte le altre. Essendo un ex aeroporto militare la pista non dà riferimenti visivi e alla fine è un tracciato che va interpretato. E' in questi casi che esce fuori il pilota che c'è in te, è una questione di sensibilità. Devi entrare in sintonia con la pista, la capisci, la senti, altrimenti non hai riferimenti per le frenate, per le curve".

E Silverstone è una delle piste preferite anche del suo coach, Andrea Montermini, un uomo e un pilota determinanti nella carriera di Bianchi. "Andrea è il mio coach da due anni e il suo apporto è stato decisivo. Non è solo un motivatore ma è una persona, oltre che un amico, di una competenza enorme. Anche lui ama molto Silverstone, la conosce molto bene perchè ha abitato anche lì per diverso tempo e sicuramente mi ha aiutato tantissimo nella preparazione delle gare".

Quest'anno per il terzo anno Massimiliano collabora con il Kessel Racing, un team svizzero e passerà in GT3. Quindi va a cercare Andrea Montermini? Ride e si difende subito: "Accuratamente ho cercato di scegliere un campionato in cui Andrea non ci fosse. Ho fatto una scelta diversa. Lui fa l'International GT Open, con le gara endurance, mentre io andrò sul Racing nel Blancpain GT Series".

Al di là della presenza di Andrea tu sei pilota sprint o endurance? "Bè, l'endurance richiede una preparazione particolare ed io sono abiutato a fare le cose per gradi e fatte bene, e quindi mi devo preparare. Prepararsi bene è stato sempre il leit motiv della mia vita. Sono in effetti più un uomo da sprint, assolutamente. Quest'anno faccio il Racing con il GT3, capisco bene la macchina e poi magari, il prossimo anno, passerò all'endurance e magari, perchè no, anche in squadra, e non contro, Andrea stesso, in una sei ore. Oppure nella 3 ore di Monza, Silverstone stesso...ma bisogna prepararsi prima e voglio farlo bene...conoscendo bene il mezzo".

Una vettura nuova questa GT3, che deriva pur sempre dalla 458 ma profondamente diversa: "Ho già provato a Vallelunga e Le Castellet, e proverò anche la prossima settimana a Monza e poi ci sarà la prima gara a Barcellona. Ma già le prime prove sono andate bene. Le vetture sono diverse fra loro, nonostante nascano dalla 458 in realtà hanno attitudini diverse, una potenza maggiore, una aerodinamica diversa e maggiorata e con una componente racing più estrema...Il Challenge è ancora una via di mezzo fra una stradale da pista e una racing da spinta".

E visto che parliamo di passioni, ce ne sono altre? Ci pensa e ci ripensa ma non gli viene in mente nulla...allora suggerisco magari nel tempo libero...il simulatore? "Purtroppo e sinceramente no – ammette – ci ho provato ma mi sento male, mi dà fastidio. Ma so che fa questo effetto anche ad altri piloti. Ci ho provato, a Padova, in un paio di occasioni ma non riesco a starci più di 10 minuti e poi mi porto dietro il malessere per tutto il giorno...Diciamo che quando sono libero mi dedico al lavoro, che è quello che mi dà lo stimolo e l'alternativa alla pista".

E rimandendo in tema di passione : "La mia è una passione eccezionale che non ho potuto condividere con i miei genitori...E' il mio rimpianto più grande. Loro purtroppo non ci sono più e per me sarebbe stata un soddisfazione enorme far vedere ai miei che cosa ero riuscito a fare. Papà è sempre stato un grande appassionato, uno sportivo e possedeva una Ferrari già negli anni Sessanta. E a mia mamma ho dedicato la vittoria del Mondiale ottenuto il 6 dicembre che era lo stesso giorno della sua scomparsa, anni prima".

Già il Mondiale, i due titoli vinti, tornare in pista fra pochi giorni sarà diverso?
"Inevitabilmente ci saranno dei cambiamenti. Tante persone si aspetteranno qualche cosa da me e io stesso avrò delle aspettative diverse anche se, devo ammettere che avendo cambiato categoria e macchina sono più tranquillo”. E precisa: “Forse non ho ancora ben realizzato quello che ho fatto nel 2014. Tantissime persone mi dicono che sono il grande favorito di quest'anno ma io ancora non ci credo, penso che dovrò dimostrarlo prima di tutto in pista e poi vedremo. Intanto cominciamo a lavorare".

A sentirti parlare sembri un freddo, un calcolatore, non un emotivo?
"Sinceramente più freddo che emotivo".

Non hai versato neanche una lacrima il giorno della vittoria ad Abu Dhabi?
"No, davvero. Non sono uno che si emoziona. Solamente dopo, magari. Sulla griglia e in pista sono molto freddo. A dicembre ho realizzato solo dopo un paio di giorni, anche commuovendomi, che cosa avevo fatto. Certo quando mi ritroverò in pista ad aprile torneranno le stesse emozioni, l'adrenalina...Quella c'è sempre...Però è solo una questione di preparazione mentale, di concentrazione".

E parlare di preparazione mi suggerisce un'altra domanda, che cosa fa Max Bianchi prima di andare in griglia?
"Ho dei riti particolari. Con il mio meccanico ci diciamo delle frasi di rito, sempre le stesse, piccole cose che non si possono raccontare...le sappiamo noi e creano il nostro equilibrio, tutti le abbiamo, e non solo nello sport ma anche nella vita. Quindi dieci minuti di concentrazione assoluta e poi salgo in macchina e separo le mie due vite".

Imprenditore edile da un lato, appassionato ferrarista e campione del mondo dall'altro, a 50 anni. Andrea Montermini quando parla di Max Bianchi si chiede che cosa sarebbe accaduto se avesse coltivato questa sua passione già a 20 anni?
"Ho cominciato tardi sicuramente a correre. Oggi ho 50 anni, ma sono stato fortunato perchè essendo già affermato nel campo lavorativo ho potuto dedicare più tempo a questo hobby che vorrebbero avere tutti nel mondo, soprattutto alla guida della Ferrari..Però ora, guidando il GT3 mi sono accorto che è tutto più complicato, è molto impegnativo e penso di essere arrivato al mio limite".

Insomma una Formula 1 non c'è fra gli obiettivi futuri?
– sorride Max - se mi chiedessero di fare un giro in Formula 1 lo farei subito...E' il mio sogno".

Un sogno non poi così impossibile per i Clienti Ferrari...
"Se un giorno potrò farlo mi piacerebbe comprarmi una Formula 1, c'è il programma Ferrari Clienti..."

Da mettere in salotto?
"Assolutamente no – ribatte Bianchi - da tenere in pista a Maranello per il programma Clienti Ferrari. Per girare sulle piste di tutto il mondo magari per fare una esperienza ancora più forte, più bella, ma quella è la ciliegina sulla torta e se potrò farlo, lo farò, davvero".

Foto: Francesco Venditti

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